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Sulla libertà dei genitori di scegliere il cognome dei propri figli: Sent. Corte Cost. n. 131 del 31/05/22

Una sentenza dagli effetti dirompenti quella pronunciata dalla Corte Costituzionale lo scorso 27 aprile in tema di attribuzione del cognome ai nuovi nati

Con la pronuncia in esame, infatti, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 262, co. 1 c.c., laddove prevede che il figlio riconosciuto da ambedue i genitori contestualmente assuma il cognome paterno, anziché prevedere che assuma “i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo per attribuire il cognome di uno di loro soltanto”.

La norma, frutto dell’antico retaggio patriarcale, è stata giudicata in contrasto con gli artt. 2 e 3 della Carta Costituzionale, oltre che con i principi sanciti dagli artt. 8 e 14 della CEDU: pari dignità ed eguaglianza tra i coniugi sono dunque i principi in nome dei quali si è espressa la Corte.

La medesima disposizione era peraltro già stata fatta oggetto di un (più delicato) intervento nel 2016, in occasione del quale la Consulta aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo nella parte in cui non consentiva ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio anche il cognome materno, in aggiunta a quello paterno.

Di gran lunga più decisivo è tuttavia l’impatto della sentenza in analisi: d’ora in poi, infatti, i genitori saranno chiamati a decidere se attribuire al figlio entrambi i propri cognomi (ed in quale ordine), o se attribuirne uno solo (quello paterno o quello materno, secondo la loro comune volontà), senza che possa operare alcun tipo di automatismo. Sul punto, dunque, la libertà di scelta è a tutti gli effetti realtà.

Un intervento legislativo appare tuttavia imprescindibile, e la Consulta non si è sottratta dall’indicare la strada che dovrà essere seguita, sollecitando il legislatore ad evitare la moltiplicazione dei cognomi nel succedersi delle generazioni (come accadrebbe se il doppio cognome potesse a sua volta essere attribuito alla generazione successiva), e a valutare l’interesse dei figli a non vedersi attribuire un cognome diverso da quello dei fratelli.

La parola passa dunque al legislatore.     

Avv. Elena Consonni